Su Mostri, di Barry Windsor-Smith

Il mio 2021 è stato, credetemi, mostruoso. Mostruoso nel bene e nel male, beninteso: non mi va di fare il lagnoso. Ho letto cose, ho visto gente, ho perso amici, ho corso in bici. Enormi delusioni e soddisfazioni sparute si sono susseguite senza un senso apparente. Poi beh, c’è il casino globale che ci coinvolge tutti quanti, ovviamente. E quindi, quando mi è stato chiesto di buttar giù due righe su un’opera, una qualsiasi, che avesse segnato il mio 2021, mi è venuto naturale pensare a “Mostri”.

35 anni, tanti sono serviti a Barry Windsor-Smith per mettere a fuoco un soggetto che rilegge con uno sguardo cinico, aspro, spesso grottesco, la cultura toccataci in eredità, con i suoi simboli, i suoi ideali, i nemici e gli eroi. Le 368 pagine in bianco e nero si spiegano su un arco narrativo dove assistiamo alla dissertazione quasi scientifica sulla trasmissibilità del male. Le colpe dei padri ricadono sui figli e diffondono un contagio trasversale che attraversa corpi, società, territori, ideologie, e genera, ovunque passi, l’orrore. Il sogno americano? Un mucchio di cazzate impacchettate con contorno di bugie sorrette da disparità sociali e ingiustizie. L’establishment? Pupazzi manovrati da un nugolo di nazisti scampati a Norimberga. I supereroi? Un ammasso di cellule tumorali sfuggite al controllo dei creatori (Frankenstein, is that you?). Il focolare domestico? Persino quello può trasformarsi nel peggiore degli incubi se esposto a radiazioni venefiche. Gli stessi cattivi non sono che imbecilli assetati di potere, o fantocci che eseguono gli ordini dei superiori, omuncoli senza umanità che fanno il male per il male. La domanda cruciale, a questo punto, è chi sono i mostri? Cosa sono i mostri? La risposta probabilmente si trova nello specchio. Come dite? Una frase fatta? Beh, sì, in effetti. Allora, già che ci siamo, permettetemene un’altra: un buon fumetto si lascia leggere, ma il capolavoro fa il contrario: è lui che legge te e il tuo mondo. E dunque la risposta al quesito è che, se si cerca bene, tutti abbiamo in noi stessi anche solo una stilla di mostruosità e basta molto poco perché questa emerga. Si può fermare il male, certo; voglio dire, alla fine succede, perché deve succedere, perché tutto è una ruota dove ogni cosa è collegata a un’altra come i raggi a un mozzo, e alla fine tutto sta in equilibrio. Ogni raggio, ogni filo è un elemento fondamentale, sia nel bene che nel male. Poi c’è chi di questa ruota ha coscienza e può intuirne la composizione. A costoro l’autore riserva un ruolo medianico, ossia di guida verso quei passaggi che il protagonista, e con lui il lettore, devono compiere nella diegesi dell’opera. È questo infatti l’espediente narrativo che più mi lascia di stucco, rintronato come sono da promesse di facili eccitazioni, dalla tessitura di tensioni che si risolvono in un climax spettacolare. Ebbene, qui non c’è niente del genere. Le cose semplicemente vanno dove/come devono andare, imitando effettivamente la vita nel suo movimento circolare. E forse, in fin dei conti, va bene così. Sì, ora che lo sto mettendo per iscritto, me ne sto convincendo appieno: è giusto così. 

Riuscire a dare una forma coerente a un lavoro dalla gestazione tanto lunga non è certo una cosa semplice, e magari un lettore un po’ pignolo potrebbe notare qualche sbavatura qui, un cambio di registro azzardato là, un utilizzo un po’ goffo dell’ironia in altri frangenti. Ma, per quanto mi riguarda, il valore di quest’opera va al di là delle sue piccole (e comunque opinabili) imperfezioni. “Mostri” è anche una rilettura critica e disincantata — posso dire da vecchio? (scusa Barry, non è un’offesa) — di tutta una vita artistica, dalla cotta per Kirby agli X-Men, passando per Weapon X e l’Hulk mai completato, oltre al fatto che, considerati i tempi di lavorazione, potrebbe rivelarsi come il lascito artistico di un autore giunto alla meta della sua ricerca di una libertà espressiva che ha segnato la sua parabola da superstar del comic-dom ad autore indipendente. Anche per questo motivo, “Mostri” è da considerarsi come un’opera irrinunciabile.

Opinione pubblicata su players.it

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